Una ricerca olandese svela come le carriere dei calciatori di alto livello siano spesso piene di interruzioni, deviazioni e rientri inaspettati.
Nel mondo del calcio giovanile si sente spesso dire: “Chi viene preso presto da un’accademia ha una marcia in più”. Un’idea diffusa, rassicurante, quasi scolastica: chi entra presto in un settore giovanile professionistico, prosegue anno dopo anno con costanza e disciplina, e arriva al successo. Ma cosa succede se questa convinzione fosse in gran parte sbagliata?
Uno studio pubblicato a marzo 2025 sull’International Journal of Performance Analysis in Sport, condotto da un team di ricercatori olandesi guidato da Jan Verbeek, ha analizzato quasi 3.000 carriere di giovani calciatori e calciatrici olandesi. Il risultato? Il percorso “tipico” verso il calcio d’élite è, in realtà, atipico
Non è (solo) una questione di precocità
Il cuore del sistema di scouting europeo è l’idea che individuare talenti molto giovani, inserirli in accademie strutturate e seguirli passo dopo passo garantisca risultati migliori. Tuttavia, i dati mostrano una realtà molto diversa: solo l’8–10% dei giocatori reclutati da giovani nelle accademie ha poi raggiunto il livello “élite” da senior, ossia ha esordito in prima squadra in un campionato di alto livello.
Ancora più interessante: non esiste una forte correlazione tra l’età in cui un giocatore entra in un’accademia e le sue possibilità di arrivare al top. Tradotto: entrare prima non garantisce il successo.
Interruzioni, cadute e risalite: i veri ingredienti del successo
Attraverso un’analisi chiamata Guttman errors – solitamente usata in psicologia per valutare risposte incoerenti nei test – i ricercatori hanno misurato quanto il percorso di ogni calciatore fosse “regolare”. Più interruzioni e “rientri inaspettati” ci sono in una carriera (per esempio, un giocatore che esce da un’accademia a 14 anni e rientra a 16), più si accumulano questi “errori”.
E indovina un po’? Chi ha più “errori” nel proprio percorso ha più probabilità di arrivare al livello élite.
Sembra paradossale, ma è così: i top player sono spesso quelli che hanno vissuto percorsi tortuosi, con stop, esclusioni, cambi squadra, cadute e risalite. Una realtà che si avvicina al concetto di equifinalità: non esiste un solo modo per arrivare in alto, ma molti.
Vale anche per il calcio femminile?
Lo studio ha incluso anche le carriere di giocatrici delle nazionali giovanili olandesi. Nonostante le accademie femminili siano meno strutturate e con un inizio più tardivo rispetto a quelle maschili, il concetto è lo stesso: le carriere più brillanti sono spesso le più imprevedibili.
Lezione per allenatori, genitori e dirigenti
Questo studio è una lezione preziosa per chi lavora (o sogna) nel calcio giovanile:
Non fissarti sul “dover entrare in un’accademia entro i 10 anni”.
Non giudicare un giocatore solo in base alla “continuità” nel percorso.
Valorizza chi sa rialzarsi dopo un’esclusione, chi cambia strada ma non smette di crescere.
Il talento non è solo lineare. Il potenziale si costruisce anche nei momenti di difficoltà.
Conclusione
La prossima volta che un giovane viene scartato da un’accademia o non riceve la convocazione attesa, ricorda: non è una sconfitta definitiva, ma una tappa in un cammino molto più complesso, e spesso più autentico, verso la maturazione sportiva.
La vera domanda, quindi, non è “Quanto presto sei stato preso?”, ma “Quanto sei capace di crescere nei momenti difficili?”