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INTERVISTA: ANDREA BELLUCCO (BOLOGNA FC)

stefano zerbato da stefano zerbato
18/02/2020
in INTERVISTE
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E’ online il quinto appuntamento con le interviste targate Football Idea!
Ogni settimana incontreremo un addetto ai lavori di una società professionistica, il quale ci illustrerà la realtà in cui lavora.
Stamane siamo sbarcati in Emilia Romagna per incontrare Andrea Bellucco, vice allenatore U 16 serie A e tecnico del progetto affiliate BOLOGNA FC.

Ciao Andrea, benvenuto su Football Idea e grazie per aver accettato il nostro invito.
Prima di iniziare vorremmo che ci parlassi un po’ di te: quando e dove hai mosso i primi passi nel mondo del calcio?

Buongiorno e grazie a voi per l’invito, diciamo che io e la palla siamo cresciuti insieme!
Prima come giocatore, poi come tecnico/educatore e ora come allenatore… poi, a 19 anni, grazie all’università mi è stata data l’opportunità di fare esperienza agli Juventus Camp con la Cabrini Equipe, da li mi si è aperto il fantastico mondo del “mister”.
Sono seguiti dieci anni in Msp (una società dilettantistica non grandissima ma molto seria), poi due anni in Corticella (una delle realtà più belle del calcio dilettantistico bolognese) come responsabile del settore giovanile e ora Bologna, dove lavoro da quattro anni.

Attualmente fai parte del Bologna Fc.
Quando e come è arrivata la chiamata?
E quale è il tuo ruolo all’interno della società?

La chiamata del BFC è arrivata 4 anni fa, anche se in precedenza avevo partecipato a molti dei loro campus estivi.
Il responsabile del settore giovanile Daniele Corazza voleva aggiungere una figura tecnica di supervisore degli allenamenti di tutta la scuola calcio ed ha pensato a me.
Sono così entrato nella scuola calcio, coadiuvato dal responsabile Chiatti, in qualità di referente tecnico per gli allenatori.
Dopo tre anni in cui ho allenato anche una squadra esordienti, quest’anno ho fatto il salto con “i grandi“ in qualità di vice allenatore U16 Serie A; seguo inoltre i progetti di affiliazione KIDS05-13 e BFC 365, il primo a livello italiano mentre il secondo solo provinciale.

Ci piacerebbe entrare nel dettaglio del progetto affiliate, di cui tu sei uno dei tecnici più attivi: puoi spiegarci in modo approfondito di cosa si tratta?
KIDS05-13 e BFC 365Sono sono progetti prettamente tecnici dove la società ha investito parecchie risorse sia umane che economiche: il primo su scala nazionale dove vantiamo una serie di “Bologna Center” ed otto società affiliate sparse nei punti per noi più strategici d’Italia, il secondo invece su scala provinciale dove facciamo visita ad oltre 50 società situate in provincia.
In entrambi svolgiamo attività di formazione e confronto, in campo e non, cercando di portare la nostra filosofia ed il nostro metodo di lavoro.
Tutte le società hanno il contatto di un proprio referente Bologna e possono mandare i loro allenatori a venire nel nostro centro per seguire gli allenamenti.

Il tuo ruolo di tecnico delle affiliate ti permette di essere a contatto con moltissime realtà dilettantistiche, provinciali e non.
Come valuti la situazione delle società di Bologna?

Girando tante società vedo sia cose positive che negative, purtroppo è inevitabile… la cosa che fa davvero la differenza tra le società non è tanto la proposta che può fare un allenatore rispetto a un altro, ma la voglia che ha lo stesso di mettersi in gioco ogni allenamento, di avere la curiosità di apprendere sempre cose nuove e la professionalità con la quale si approccia ai ragazzi.
Quando trovo queste caratteristiche sono certo che il bambino finisce l’allenamento col sorriso e con la consapevolezza di aver lavorato per migliorarsi.
In alcune società questi aspetti sono ancora trascurati… tuttavia sono maggiori le realtà che rispondono alle caratteristiche positive che ho descritto qui sopra.

Cambiamo ora discorso e parliamo ora del lato tecnico calcistico: qual’è la linea formativa intrapresa dalla società?
Esiste un vero e proprio “metodo Bologna”?
E quali sono i suoi principi cardine?

Il nostro responsabile del settore giovanile (Daniele Corazza) crede fortemente nello sviluppo situazionale delle esercitazioni: negli ultimi anni si è creato un vero metodo Bologna che volge a creare un giocatore pensante in grado di risolvere qualsiasi situazione gli capiti davanti nel minor tempo possibile.
L’obiettivo primario del metodo è creare e migliorare le abilità del singolo dal punto di vista pratico (motorio, tecnico e di tattica individuale) e dal punto di vista cognitivo (logico, intuitivo, creativo), il tutto attraverso delle esercitazioni nelle quali devono essere sempre presenti almeno due di questi aspetti per noi fondamentali:
– scelta (reazione a uno stimolo, scelta guidata, scelta autonoma);
– situazione di gioco (saper risolvere situazioni di gioco semplici o complesse);
– fondamentali tecnici e motori.
Attraverso queste esercitazioni così strutturate cerchiamo di creare quante più situazioni vicine a quelle che il ragazzo può trovare in partita.
L’idea è quella di creare nella testa del giocatore un database di soluzioni, starà poi a lui saper pescare il file giusto e applicarlo in una determinata situazione.

In qualità di realtà professionistica di serie A, siete indubbiamente una società che vanta un grosso appeal a livello nazionale.
Tutto ciò vi porta ad attirare molti talenti che poi formate con la vostra ottima scuola calcio.
Ci puoi raccontare i criteri di selezioni applicati all’attività di base ed a quella agonistica?

Partiamo dalla premessa che non è facile valutare un ragazzo, il tempo ci ha insegnato che per arrivare a giocare a calcio a livello professionistico bisogna avere tutte le componenti richieste… fatta questa premessa, in sede di selezione queste componenti formano una torta, dove ogni fetta è rappresenta da:
– sfera tecnica;
– sfera fisico/motoria;
– sfera cognitiva;
– sfera caratteriale;
– fortuna (legata soprattutto agli infortuni nel percorso).
Se un giocatore è carente anche solo di una di queste caratteristiche, non potrà arrivare ad essere un professionista.
In caso contrario ha buone probabilità di arrivarci e le diverse percentuali delle “fette” diranno le caratteristiche del giocatore.
Per quanta riguarda invece il nostro focus, nell’attività di base cerchiamo ragazzi che spicchino in almeno una sfera, con particolare attenzione alla sfera tecnica e cognitiva, mentre nell’agonistica l’imbuto si stringe parecchio: qui il ragazzo deve avere già un buon livello di tutte le caratteristiche con una o 2 dove fa davvero la differenza; inoltre, bisogna intravedere in lui la possibilità di crescere in quelle dove era già buono ed eccellere nella sua caratteristica principale.
Non cerchiamo giocatori pronti a 15 anni ma giocatori di prospettiva che presi a 15 anni possano arrivare almeno in primavera… e direi che in questo i risultati ci stanno dando ragione.

Il nostro tempo sta per scadere.
Prima di salutarci vorremmo che ci dessi un tuo parere sulla cultura della vittoria.
Spesso assistiamo ad una ricerca del risultato fin dai piccoli amici: molti mister in allenamento insegnano posizioni da mantenere e/o urlano le soluzioni ai propri giocatori, il tutto a discapito della tecnica e della fantasia.
Hai avuto modo di riscontrare tutto ciò?
Noi pensiamo che non sia solo un problema di cultura ma che qualche responsabilità le abbia anche il sistema stesso, il quale “obbliga” i bambini a cimentarsi in competizioni inadeguate per numero di giocatori e difficoltà.
In questo scenario la cultura del “vincere a tutti i costi” amplifica la presenza di allenatori urlatori che lavorano a misura di uomo (e non di bambino).

Purtroppo questo è un tasto molto delicato, la ricerca del risultato è assidua ad ogni categoria… ritengo che vincere una partita in certe categorie non è fare un gol in più dell’avversario ma esprimere sul campo quanto appreso durante la settimana e confrontarsi con altri bimbi per vedere se la strada che si sta percorrendo è quella giusta.
A 6 -7 anni la cosa più importante è vedere il sorriso dei bimbi che giocano e sperimentano senza alcun condizionamento esterno: man mano che si cresce il risultato diventa più importante (pre agonistica ed agonistica) ma non può prescindere dal come l’abbiamo ottenuto.
In qualità di formatori abbiamo l’obbligo di migliorare le abilità dei singoli giocatori e fargli acquisire consapevolezza su cosa vuol dire vincere, che non è solo fare un gol in più degli avversari.
Il mio consiglio è sempre di parlare con i bimbi/ragazzi per capire cosa hanno fatto di buono e cosa invece possono migliorare, a prescindere dal risultato visto come numero di gol fatti e gol subiti.
Neanche noi che facciamo parte di una realtà professionistica siamo legati al risultato fine a se stesso, per noi vincere è vedere un ragazzo che inizia nei pulcini ed arriva in primavera oppure i professionisti.
Penso che sia questo l’obiettivo principale di un settore giovanile.

Andrea, grazie mille per il tuo tempo e speriamo di vederci presto sui campi.
Rinnovo a voi i ringraziamenti per lo spazio concesso, a presto!




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