La periodizzazione tattica nasce in Portogallo come proiezione nel calcio di un metodo utilizzato da molto tempo in altre discipline di natura atletica, dove lo scopo di tale approccio è mantenere l’atleta sempre nella fase ottimale per eseguire uno sforzo fisico periodizzando gli allenamenti e suddividendoli in cicli. Il principale esponente di questa metodologia applicata al calcio è probabilmente José Mourinho, che la rese famosa già ai tempi del Porto (c’è da tener conto che stiamo parlando di una metodologia applicabile nelle prime squadre o comunque alle categorie dei giocatori più grandi).
La periodizzazione tattica tiene conto delle 4 dimensioni coinvolte nel gioco (tattica, tecnica, fisica e psicologica) e delle 4 fasi in cui esso si svolge (possesso, non possesso, transizione positiva e negativa) e deduce che per allenare i giocatori al meglio e prepararli alle situazioni di gioco che troveranno in partita ogni esercitazione tattica dovrà riprodurre una delle quattro fasi ed è necessario che siano coinvolte tutte e quattro le dimensioni.
La periodizzazione tattica della stagione avviene pianificando l’anno in un macrociclio, tenendo conto degli obbiettivi da raggiungere e stabilendo i macroprincipi di gioco che vogliamo sviluppare. Tale macrociclo viene poi scisso in mesocicli stabilendo i sottoprincipi da allenare in ogni fase di gioco, suddividendo il lavoro per reparti (difesa, centrocampo, attacco).Infine il mesociclo sarà organizzato in microcicli settimanali che tengano conto del numero di allenamenti, della condizione fisica dei giocatori e delle esercitazioni in avvicinamento alla gara. Tale pianificazione sarà basata sul modello di gioco che si vuole attuare e per far sì che questo sia efficace e performante l’allenatore, nello scegliere i principi e l’ordine in cui allenarli, deve tener conto di tutti gli aspetti determinanti come: livello,numero e condizione dei giocatori, punti forti e carenze dei reparti, modulo più adatto, momenti diversi della stagione. Le esercitazioni saranno quanto più riconducibili ad una situazione di gioco reale tenendo conto della zona di campo, della disposizione dei giocatori e insistendo sui principi per trovare le soluzioni e raggiungere l’obbiettivo dell’esercizio. Gli avversari saranno disposti variando i moduli oppure applicandone uno specifico in base alla squadra che si affronterà nella partita successiva.
In conclusione è fondamentale dire che l’intensita dell’allenamento (intesa come tattica, tecnica, fisica e psicologica) è il principale metro di giudizio per valutare se l’esercizio rappresenta una situazione riconducibile quanto più possibile alla partita reale. In base al giorno o periodo in cui stiamo allenando un determinato reparto in una delle fasi, si dovrà modulare l’intensità con cui si svolge l’esercizio modificando le variabili che la determinano quali: numero di giocatori coinvolti, dimensioni del campo, forma del campo, tocchi, altre porte o mete, obbiettivi con colori diversi, zone di gioco delimitanti. L’atteggiamento dell’allenatore nell’applicare questa metodologia può essere sia passivo che direttivo durante la seduta di allenamento, dipende se si vuole sviluppare i principi di gioco con schemi e movimenti codificati oppure lasciare che i giocatori decidano come raggiungere l’obbiettivo.
Per fare un esempio semplificativo prendiamo in considerazione uno dei macroprincipi che si potrebbe voler perseguire durante tutta la stagione come il dominio del gioco. Alcuni sottoprincipi potranno essere la manovra palla a terra in fase di possesso, il pressing alto in fase di non possesso, la riaggressione nella transizione neagtiva e il mantenimento della superiorità nella transizione positiva. Questi sottoprincipi verranno allenati suddivisi per reparto, e l’ordine in cui allenare le fasi e i reparti dovranno essere decisi in base alle priorità dell’allenatore e a ciò che la squadra maggiormente necessita di assimilare prima. In un’esercitazione volta ad allenare il reparto difensivo al principio di manovra palla a terra in fase di possesso dove giochiamo un 4-2-3-1 contro un 4-4-2 si dispone la linea a quattro dei difensori col portiere più i due centrocampisti in zona difensiva, delimitando un’area di 40×40 (larghezza area di rigore) dove introduco le due punte avversarie in pressione con i due esterni. Si formerà dunque un P+6 vs 4 dove lo scopo sarà mantenere il possesso in zona difensiva e l’allenatore dovrà focalizzarsi su quel principio, tralasciando la pressione avversaria o le transizione che si verrebbero a creare. L’intensità con cui fare l’esercizio sarà decisa tenendo conto della vicinanza o meno ad una gara e dal periodo della stagione, che determina quindi la reale condizione atletica dei giocatori.
credits: forbes.com