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Immaginazione e Suggestione. Allenare e allenarsi con ciò che non si vede.

Francesco Brasili da Francesco Brasili
02/09/2025
in ARTICOLI
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Nel gioco del calcio, come in ogni sport, l’allenamento si concentra da sempre su ciò che si vede: il gesto tecnico, il posizionamento tattico, la potenza atletica, la giocata di gruppo.

E se esistesse, in aggiunta, un’altra dimensione, invisibile, ma potente, che se ben compresa, potrebbe fare la differenza tra la ripetizione fine a sé stessa e un allenamento davvero trasformativo e, nonostante tutto “esperenzialmente specifico”?

Immaginare per agire. Il principio ideomotorio

Nel 1852, lo scienziato William Carpenter enunciò il “principio ideomotorio”, secondo il quale il solo immaginare un movimento provocava una leggera stimolazione dei muscoli coinvolti in quel movimento immaginato.

Decenni dopo indagini elettromiografiche avrebbero confermato l’ipotesi che l’immaginazione di un’azione poteva attivare le stesse aree cerebrali della sua esecuzione fisica.

In altre parole, si potrebbe arrivare a credere che, immaginare un tiro in porta, se effettuato con un approccio rappresentativo interno condito da intensità, continuità e coinvolgimento emotivo, potrebbe avere le caratteristiche embrionali un di un allenamento specifico, purché il vissuto mentale ed emotivo sia sufficientemente realistico.

Esploriamo con cautela e attenzione questa ipotesi.

“Quando volontà e immaginazione sono in conflitto, vince sempre l’immaginazione, senza eccezioni”

Emil Coué Tweet

La suggestione emotiva: allenare il corpo attraverso la mente

Ad opinione di chi scrive, allenare rispettando il “principio di specificità”, non significa solo migliorare abilità, ma anche saper richiamare gli stati emotivi propri della gara per preparare gli atleti/e, persino in giovane età, al “momento clou” della settimana. Ansia, pressione, entusiasmo: tutte emozioni che influenzano il gesto tecnico e la scelta tattica.

Ecco allora che la suggestione, l’arte di evocare immagini, emozioni, ambienti, può diventare un potente strumento di allenamento.

Usando l’esempio di prima, allenare il calcio di rigore con i propri compagni può essere utile. Allenare un rigore “immaginando” di batterlo al novantesimo minuto davanti a mille spettatori, credo proprio possa essere un’altra cosa.

Il gesto è lo stesso, ma la mente, il cuore, il corpo reagiscono in modo diverso. E tutti noi conosciamo l’enorme differenza che sussiste tra l’eseguire un calcio di rigore decisivo in partita e partecipare alla gara dei rigori a fine allenamento!

Perché non provare ad a usare parole chiave, inscenando, se opportuno con teatralità, le condizioni per replicare lo scenario desiderato, come attivatori mentali ed emotivi, capaci di rendere una ripetizione non solo più realistica, ma anche più ricca dal punto di vista emotivo e cognitivo?

Perché non tentare di estendere questo approccio anche ad aspetti più “situazionali” giocando ad esempio una partita dove si immagina, insieme ai protagonisti n campo,  lo scenario di che una squadra si trova in vantaggio di un gol, ma è in inferiorità numerica e deve difendere per 10 minuti il prezioso risultato?

Il caso George Hall. La mente come campo di allenamento

Una delle storie più significative sull’uso dell’immaginazione nello sport arriva non da un campo da calcio, ma da una prigione vietnamita.

Il colonnello George Hall, pilota della marina statunitense, fu catturato e imprigionato durante la guerra del Vietnam. Rimase in un campo di prigionia per oltre sette anni, in isolamento forzato, senza accesso ad alcuna forma di attività fisica. Per resistere psicologicamente alla reclusione, ogni giorno Hall immaginava mentalmente di giocare una partita di golf, sul suo campo preferito vicino casa composto da 18 buche.

Hall ha raccontato di come, durante la reclusione, visualizzasse con estrema precisione ogni dettaglio: i colpi, il vento, l’erba, la tensione, i movimenti muscolari, la gestione degli errori. Quell’esperienza ripetuta quotidianamente nella sua mente divenne il suo allenamento invisibile.

Quando fu finalmente liberato, gli amici lo invitarono a giocare di nuovo su quel campo, ovviamente questa volta reale. Nonostante gli anni di prigionia George Hall concluse la gara con un punteggio migliore della sua media pre-cattura! La sua spiegazione fu semplice e disarmante:

“In questi anni ho giocato quelle 18 buche ogni giorno. Le ho giocate tutte. Nella mia mente.”

L’episodio citato potrebbe dimostrare come l’immaginazione ben orientata potrebbe essere utilizzata per migliorare una prestazione, un’attività ad essa propedeutica, se vissuta con pienezza emotiva, attenzione e metodica consistenza.

Le tecniche di visualizzazione nello sport

La visualizzazione (o imagery) è una pratica che generalizzando può  essere utilizzata con tre principali obiettivi:

1. Programmatorio: anticipare mentalmente le situazioni di gioco, costruendo scenari possibili e percependolo come reali (ad esempio : “Se quell’avversario si muove in un determinato modo e io reagirò così …”, “Ogni volta che effettuerò un lancio lo farò percependo le sensazioni di un colpo perfetto che arriverà al mio compagno in modo estremamente preciso”, etc.).

2. Allenante: rafforzare la memoria motoria anche in condizioni di stop o recupero da infortunio (come nel caso del colonnello Hall).

3. Regolatorio: regolare lo stato emotivo e fisiologico (ansia, motivazione, energia) attraverso la ripetuta evocazione ad occhi chiusi di uno scenario favorevole, condita dal maggior numero di dettagli da richiamare alla mente e al cuore.

"L'uomo senza immaginazione non ha ali"

Muhammad Alì Tweet

Il potere dell'immaginazione: oltre la prestazione,verso il significato

Il termine immaginazione, che qualcuno romanticamente accomuna al la latino “in me mago agere”, ovvero “agisce un mago dentro di me”, è un concetto potente, che ci ricorda come all’interno di ogni atleta (e non solo) vi sia una scintilla creativa, un motore invisibile che potrebbe scatenare un cambiamento.

A parere di chi scrive, allenare l’immaginazione significa educare i ragazzi a “vedere dentro”, a darsi uno scopo, a cercare un significato, una immedesimazione, una sublimazione, un’esplorazione. Soprattutto ad abituarsi a formulare e sostenere una o più intenzioni.

Si manifesta così un’azione figlia del credere (ancor più forte della fiducia nei propri mezzi) che, partendo da un sogno, invita l’atleta alla responsabilità di “aspirare” e di tradurre conseguentemente in comportamenti efficaci questo anelito.

È ciò che potrebbe distingue un semplice “tirare in porta” dal “tirare avendo già segnato”, come spesso mi diverto a stimolare e ricordare in campo.

Ed è ciò che potrebbe rendere l’allenamento non solo maggiormente efficace, ma anche evolutivo in termini di autostima e consapevolezza. Ovviamente con un approccio tutt’altro che banale, della serie “se vuoi, puoi”, perchè, per esperienza diretta, ogni pratica, per produrre effettui, richiede non solo un’intenzione forte, ma anche consistenza e costanza di esercizio e un uso appropriato ed educato delle capacità di attenzione e concentrazione.

La voce di un campione: Filippo Inzaghi e la partita nella mente

Nel libro “Il momento giusto”, l’ex giocatore Filippo Inzaghi, famoso bomber noto soprattutto per il suo micidiale “fiuto del gol”, si racconta come segue:

  • “Mi piaceva visualizzare le partite la sera prima. Non era solo immaginare l’azione del gol, ma tutto quello che poteva succedere: i movimenti, i rimbalzi, le respinte del portiere. Giocavo la partita nella mia testa, mille volte.”
  • “Quando sentivo che una partita contava davvero, la ‘giocavo’ prima dentro di me. Era un modo per togliermi l’ansia. Se nella mia testa le cose andavano come volevo, mi sentivo già un passo avanti.”
  • “Molti pensano che la fame di gol sia solo istinto. Io dico che è anche studio, immaginazione, ripetizione mentale. Non andavo in campo per caso: ci ero già stato con la mente.”

Come non credere ad un Campione del Mondo?

L’immaginazione ben orientata (ripetizione mentale , immedesimazione, suggestione emotiva, intenzionalità) può quindi essere considerata un vero e proprio alleato di un sistema standard di allenamento?

"Tutto ciò che puoi immaginare è reale"

Pablo Picasso Tweet

La voce della scienza

In uno studio pubblicato da State of Mind (The Effect of an Ecological Imagery Program on Soccer Performance of Elite Players, Seif-Barghi et al. , 2012) , il cosiddetto “motor imagery” (la simulazione mentale di un’azione motoria senza eseguirla fisicamente) è stato applicato a 69 calciatori che hanno preso parte ai campionati nazionali di calcio in quattro categorie di età tra cui U16, U19, U21 e over 21.  In un programma di otto settimane, gli atleti immaginavano scenari reali, posizionamenti in campo, movimenti, tecniche di passaggio. Questo allenamento mentale ha portato a un incremento documentato del +33% di precisione nei passaggi e a un +25% nella velocità di esecuzione rispetto al gruppo di controllo.

In un altro studio pubblicato ad aprile 2025 (Effect of Mental Imagery Skill Training Program onSoccer Passing and Control Skills in Collegiate-Level Players: A Randomized Controlled Trial, Kapre et al., 2025), effettuato su un campione id 56 atleti, gli autori riportano un miglioramento evidente  dopo l’intervento dell’imagery rispetto ai valori precedenti, delle abilità specifiche di passaggio e controllo, concludendo che “[…] l’uso dell’immaginazione mentale, insieme all’allenamento calcistico abituale, aiuta a migliorare le abilità di passaggio e controllo nei calciatori a livello universitario. Pertanto, l’imagery si dimostra uno strumento importante per mantenere la concentrazione sui set di abilità e può essere utilizzata anche per mantenere forza e potenza dopo infortunio e intervento chirurgico, durante il detraining e nel ritorno allo sport […]”

Altri studi presenti sulle riviste scientifiche degli ultimi 10 anni, facilmente reperibili in rete,  confermano la bontà di queste riflessioni, pur rimanendo tutti prudenti nell’approccio e richiedendo ulteriori approfondimenti a conferma delle loro tesi, ma certamente questi sono dati che non possono non essere considerati come un “abbaglio”.

La testimonianza di un addetto ai lavori

Davide Brunello, allenatore Uefa A, con un lungo CV di allenatore e responsabile tecnico di squadre, anche professionistiche, che ha ricoperto anche il ruolo di docente di tecnica calcistica per i corsi UEFA C del settore tecnico di Coverciano, nel webinar pubblico “La generazione di alternative di gioco”, offre questa importante testimonianza:

“Immaginarsi delle cose crea delle sinapsi, delle correnti neuronali. Io giocavo da solo contro il muro della chiesa, che era altissimo, immaginandomi di essere in partita, di fare il dribbling e crossare, di fare i dribbling e tirare in porta, di calciare la palla contro il muro senza farla cadere, tutto col piede debole. Io dopo sei mesi calciavo quasi indifferentemente (destro e sinistro)”.

Anche qui si può comprende come l’immaginazione possa divenire un potente alleato dell’allenamento, in questo caso per un aspetto più “analitico” incentrato soprattutto sulla ripetizione.

Infatti se è vero, come ci dicono le neuroscienze, che i neuroni specchio attivano la motricità in funzione dello scopo, potrei allora provare a simulare lo scopo attraverso la fantasia, usando l’immaginazione e così insegnare ai nostri atleti/e a ricreare qualsiasi scenario, innalzando o abbassando il grado di veridicità usando l’immaginazione, la suggestione, e l’ampio repertorio di comunicazione che ognuno di noi “mister” può mettere in campo?

Conclusioni

Nel calcio moderno, ad opinione di chi scrive, la sfida non è solo fare di più, con più intensità, come spesso cerchiamo di indirizzare tutti, rischiando invece di incorrere, il più delle volte, nella trappola della frenesia. È “ben fare”, è agire al meglio per il meglio. Con intenzione, con consapevolezza, con anticipazione, attraverso emozioni potenzianti, con autosservazione, fiducia e comprovata convinzione.

La visualizzazione, la suggestione, condite con la previsione dello scopo del gesto, amplificate dalla motivazione interna, possono diventare strumenti utili per rafforzare le qualità di un giocatore.

L’azione all’interno di un allenamento può allora diventare un rito qualcosa di più, una scoperta viva. La differenza sta in ciò che l’atleta “vede” contemporaneamente dentro di sé mentre esegue, in ciò che percepisce dentro e fuori da sè nel continuo, senza un grado di priorità, anche inconsciamente.

E sta, ancora una volta, nel modo in cui l’allenatore guida, ispira e stimola, “anima” questo processo e guida gli allievi/e ad autoesplorarsi.

I bambini più piccoli usano la fantasia naturalmente perché, per fortuna, credono nelle favole, e sanno creare le loro favole quasi dal nulla.

L’invito di chi scrive quindi è: sperimentate, sperimentiamo, con intraprendenza rispetto e responsabilità, “ispiriamo, insegniamo ad aspirare”.

Teniamo sempre acceso il nostro “occhiometro” e il campo “parlerà con noi”, confermando la rotta tracciata o suggerendo le modifiche da apportare e gli scenari da considerare e/o riconsiderare.

La partita “fabulata”, il ball mastery “animato”, lo SSG “ispirato”, la preparazione della partita “sognando ad occhi aperti”… ogni mister ha i suoi strumenti e la sua creatività da offrire, e perché no, proprio immaginare, insieme ai propri allievi/e, rinnovando ad ogni allenamento e/o partita entusiasmo, passione , devozione e autenticità.

"Se da bambino mi fossi scritto una storia, la più bella che mi potessi immaginare, l’avrei scritta come effettivamente mi sta accadendo"

Paolo Maldini Tweet
Tags: PRIMO PIANO
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Francesco Brasili

Francesco Brasili

Francesco Brasili, 49 anni, con un’esperienza ultradecennale quale educatore di scuola calcio e/o responsabile, è iscritto all’albo nazionale dei formatori ufficiali del metodo Emotional Sport e del metodo  Coerver® Coaching. È certificato Personal Trainer, Mental Coach, Operatore in Neuroscienze ed è cultore della metodologia Joy of Moving e della strategia educativa dell’Educazione Emozionale, approfondita durante gli anni di partecipazione all’Accademia di Pedagogia Viva. In possesso di laurea in Giurisprudenza ed esperto in processi, organizzazione, gestione delle risorse umane e comunicazione, è insegnante qualificato di Qigong e II Dan internazionale di Kendo.

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